Federico ZANDOMENEGHI

Federico Zandomeneghi nasce a Venezia il 2 giugno 1841 dallo scultore Pietro e da Teresa Spertini.

Nel 1856 si iscrive alla locale Accademia di Belle Arti dove segue i corsi di ornato, architettura, prospettiva e elementi di figura tenuti rispettivamente da Callisto Zanotti, Francesco Carlo Astori, Federico Moja, Michelangelo Grigoletti. Insofferente al clima politico che si respira in questi anni nella città lagunare, nel 1859 si trasferisce a Milano: qui inizia a frequentare i corsi di pittura presso l’Accademia di Brera. Dopo la partecipazione alla spedizione dei Mille in Sicilia, dal 1862 vive a Firenze e stringe amicizia con alcuni esponenti del gruppo dei Macchiaioli: Giuseppe Abbati, Vincenzo Cabianca, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini. L’attività pittorica di questo periodo è legata proprio alla lezione macchiaiola, come Gli innamorati del 1866 (collezione privata) e il Ritratto di Diego Martelli del 1870 (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), incisivi nella composizione e nella analisi psicologica; l’impiego di forme semplificate, che accentuano l’effetto della ‘macchia’, si fonde con un delicato tonalismo di origine veneta, che stempera gli accesi contrasti fiorentini in una stesura pittorica più soffice. Significativo è a riguardo il dipinto Bastimento allo scalo (1869; Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti), eseguito a Venezia nel corso di una passeggiata in laguna insieme al pittore Domenico Bresolin. Alla conoscenza dell’opera pittorica di Michele Cammarano si deve invece la scelta di alcuni temi di vita quotidiana e composizioni di figura, come Prima della processione (1868 circa; collezione privata) e il celebre I poveri sui gradini dell’Aracoeli in Roma (1872; Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna). Nel 1874 si reca a Parigi per visitare l’Esposizione Universale. Il fascino della capitale francese lo inebria al punto da decidere di viverci per il resto della sua vita. Quasi subito si avvicina al gruppo degli impressionisti. Mantiene nel frattempo i contatti con l’Italia e approfondisce il rapporto con Diego Martelli attraverso un fitto scambio epistolare. Nel 1878 conosce il gallerista e mercante parigino Paul Durand-Ruel e comincia a esporre alle mostre degli impressionisti, anche grazie all’amico Degas. Egli tuttavia rifugge dagli orientamenti ideologici del gruppo a favore di una ricerca individuale che privilegia la restaurazione della forma, secondo un processo che lo accomuna al tardo Renoir.

Nel 1886, dopo la prima mostra dei neoimpressionisti, sperimenta – seppur con diffidenza – il metodo basato sulla divisione dei colori. Nelle opere eseguite tra il 1890 e il 1905 impiega infatti una tecnica a filamenti di colore puro approdando a un ‘divisionismo’ personale. La predilezione per il pastello gli consente poi di velare i contrasti cromatici, giungendo a esiti di soffusa luminosità in opere come Femme qui s’étire (1896; Mantova, Museo Civico di Palazzo Tè) e Femme aucorset (1900; Milano, Civica Galleria d’Arte Moderna). Nel 1893 Durand-Ruel gli organizza una mostra personale nella propria galleria (iniziativa replicata nel 1898) e promuove le sue opere a Londra e negli Stati Uniti. Con l’aprirsi del nuovo secolo le richieste del mercante aumentano al punto da costringerlo a replicare più volte alcuni lavori a olio e a pastello che raffigurano scene di vita mondana parigina e intime visioni femminili.

Nel 1914 il critico Vittorio Pica gli dedica una esposizione individuale alla Biennale di Venezia, non apprezzata dalla critica italiana che non comprende la modernità della sua pittura. Arte che invece riscuote il plauso del collezionismo internazionale.

Muore a Parigi il 31 dicembre 1917.

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